Martedì 10 settembre – Corigliano-Rossano


Una nottata tranquilla quella di Corigliano, tra i vicoli irraggiati da una luce gialla che mette in risalto il “vissuto” degli edifici, non si sentono né voci e né rumori, solo il suono di un borgo che dorme. La mattina, al sorgere del sole sono già sulle pagine della moleskin a prendere qualche appunto. Presi i bagagli e lasciate le chiavi, andiamo al Bus. Prima di salire a bordo, facciamo tutti colazione in un bar del centro: cappuccino in prima linea, caffè e cornetti. Stephen mi confessa che il cappuccino fatto in Italia è sempre più buono di quello che puoi trovare in Australia ed anche gli altri non rinunciano quasi mai al piacere del cappuccino, e non solo per colazione. Il tragitto da Corigliano a Rossano è breve,ma prima di raggiungereil centro storico, dove ci aspettano per il pranzo, ci accingiamo ad affrontare alcune tappe intermedie come l’Abbazia di Santa Maria del Patire. Fu consacrata nel 1095, volutada Bartolomeo di Simeri, un monaco cristiano, che dopo anni di romitaggio si decise a tornare e a costruire questa grande opera. L’abbazia fu dedicata a Santa Maria Nuova Odigitria (Odighítria= dal greco bizantino Oδηγήτρια, colei che conduce, colei che mostra la direzione) che è una tipologia iconografica molto comune nell’arte bizantina.In questo scenario pienamente medievale, in fondo ad una lunga e grande spianata, circondata dalla foresta, si erge imponente l’Abbazia, che si pone a noi volgendoci i tre absidi, quindi siamo verso Oriente. Siamo un po’ ammutoliti dal paesaggio e dalla particolarità dell’edificio, della sua costruzione e delle sue decorazioni, ricche di simbolismo. La troupe cinema (Giovanni, Simone A., Serena della Baluma Productione Simone S. – DAMS Unical- assistenza regia) continuano a registrare ore ed ore di video e clip, anche con l’aiuto di un drone.Anche Marwan è con la sua macchina fotografica alla “ricerca di particolari visti da un’altra prospettiva”. Tutti i ragazzi scattano qualche foto, ma è difficile renderel’atmosfera che si respira in questo luogo. La guida, Fabrizio, ci accoglie e ci accompagna alla scoperta dell’Abbazia e della sua storia millenaria. Facciamo prima un giro all’esterno, dove sono visibili alcuni particolari artistici fortemente simbolici posti nei tre absidi. All’interno troviamo un ambiente diviso in tre navate, con un soffitto ligneo a capriate e sicuramente attira la nostra attenzione il grande mosaico pavimentale, vicino l’ingresso principale, reperto della precedente pavimentazione originaria del XII sec. con raffigurazioni di animali mitici e reali. Ci riorganizziamo velocemente e saliamo sull’autobus pronti per la prossima tappa della mattinata, l’azienda Amarelli, da generazioni produttori di liquirizia. Mentre percorriamo le curve di ritorno dal Patire, penso che molti del gruppo resteranno a “bocca aperta” nel vedere il Museo della Liquirizia. Questo è l’unico Museo al mondo sulla liquirizia, e ne raccoglie tutti gli aspetti: raccolta, lavorazione, produzione, ricerca e qualità, marketing, vendita. Parcheggiamo l’autobus davanti agli stabilimenti e scendiamo. Intorno a un paio di grandi capannoni moderni, dove si svolge la lavorazione e la produzione, troviamo un edificio più antico, un palazzo del ‘700 che racconta la storia dell’azienda e della famiglia ed accoglie il Museo della Liquirizia. La Famiglia Amarelli, da più 200 anni, continua ad occuparsi della lavorazione della liquirizia e dell’esportazione anche nel resto del Mondo. All’interno del Museo è possibile capire come si lavora la radice per arrivare ad ottenere caramelle, mentine ed i vari formati. Le vetrine e le teche mettono in esposizione tutto ciò che riguarda la liquirizia in generee raccontano gli avvenimenti più importanti degli ultimi 200 anni di storia, Italiana ed Europea, attraverso il marketing creato dall’azienda. Dalle parole di Amarelliemerge la volontà di volersi sentire rappresentanza della Calabria in Italia e nel Mondo attraverso un prodotto naturale, ancora offerto dal terreno, lavorato secondo una tradizione secolare in una prospettiva futura, basando il lavoro di questi anni sulla qualità, l’innovazione e l’onestà. Intanto s’è fatta quasi ora di pranzo. Ci raduniamo nel cortile esterno e risaliamo sull’autobus per raggiungere il centro storico di Rossano, dove soggiorneremo per la nottata. Arrivati in paese ci prepariamo al check-in: ragazzi e ragazze divisi in doppie, triple o quadruple, veniamo sistemati in alcuni B&B posti in palazzi antichi. Ci affrettiamo nel riporre i trolley e rinfrescarci perché tra qualche minuto dobbiamo essere a Palazzo San Bernardino per il pranzo, preparato ed offerto sempre dagli studenti dell’Istituto Alberghiero. L’edificio in cui siamo entrati pochi minuti faè appunto Palazzo San Bernardino, tipica struttura del XV sec. in chiaro stile tardo-gotico. Si tratta di una costruzione che risale al 1462 ad opera dei frati Minimi Osservanti ed anche la Chiesa attigua è contemporanea al Convento e si configura come la prima di rito latino a Rossano. L’edificio del convento, con al centro un ampio chiostro, è ora utilizzato come Palazzo della Culturamentre la chiesa continua il culto cristiano. Un lungo tavolo da buffet, sistemato nel perimetro del chiostro, accoglie numerose pietanze: bruschette, contorni sott’olio, primi piatti, zuppe, carne, polpette, frittate, frittelle, dolci e frutta per terminare. Un menu scelto basandosi sulla tradizione locale e sui prodotti della terra, con le migliori ricette tipiche. All’interno di un’esperienza come questa è necessario scoprire tutti gli aspetti culturali di un borgo, anche quelli enogastronomici che poggiano su un sostrato sociale e culturale. La scelta degli ingredienti determina il piatto finale, ma anticamente la scelta degli ingredienti dipendeva anche dalle possibilità economiche e di reperimento stesso degli alimenti. Molte ricette tipiche di tradizione contadina hanno mantenuto una certa originalità in quanto varianti “povere” di pietanza importanti (un esempio potrebbero essere le “polpette di pane” in assenza o mancanza di carne). Finito il pranzo, prima dirientrare nelle stanze per un po’ di riposo, ci ha raggiunto la Dott.ssa Filomena Greco, dell’azienda “i Greco” di Cariati. Seduti in cerchio abbiamo ascoltato il racconto dell’esperienza della sua azienda e della sfida, intrapresa quasi venti anni fa, che ha portato l’azienda ad affermarsi in Calabria, ed anche a livello internazionale. La famiglia “i Greco”, come l’Amarelli, ha investito nella qualità e nella storia, cercando di portare in tutto il mondo i loro prodotti ed il target Calabria. La chiacchierata si è conclusa con la speranza che il anche il “senso vero” della Calabria possa essere esportato e che il resto del Mondo possa imparare ad apprezzare la nostra terra, che non solo cronaca e disperazione. A Rossano non vi un castello, ma è la sua stessa posizione, dominante sulla Piana di Sibari e rispettoalle montagne della Sila, cheè stata determinante nella vita e nella crescita del nucleo urbano. I primi insediamenti risalgono ad una fase legata alle popolazioni indigene che vissero in Calabria tra l’XI e l’VIII a.C. ma è durante la fase magno greca (VIII – II sec. a.C.) cresce la sua centralità, diventando porto di Thurii. Il toponimo di Rossano o Ruscia/Ruskìanecome viene riportato nel fonti[1] deriva dal greco antico, probabilmente dalla crasi di due terminirusion (=che salva) e akron (=promontorio, altura). Potrebbe anche derivare dal cognome della famiglia romana a cui per prima fu affidato il controllo del castrum romano. Ma, camminando il per il centro storico l’aria che si respira è quella di un antico centro medievale, con influssi stilistici, artistici e culturali determinati dalla presenza di ricche famiglie nobiliari e grandi possidenti terrieri. Storicamente è durante il periodo Bizantino che Rossano conosce il suo grande splendore[2], 500 anni di storia durante i quali si attesta come la città più importante del mondo bizantino dell’Italia meridionale. Oltre ad essere state concepita e costruita come un resistente avamposto militare, che ha permesso di resistere ad importanti assedi saraceni e turchi, è stato un centro politico importante per l’Impero ed un centro culturale per la crescita del rito greco-bizantino. Dopo il florido periodo bizantino, dal 1056[3] in poi,il centro di Rossano inizia ad avere una discesa ed un decentramento dei poteri, nonostante ciò la gloria del passato e le sue ricchezzepermettono a Rossano di essere riconosciuta città reggia, mantenendo la sua autonomia fino al 1266[4]. Sono le 17.30 ed abbiamo appuntamento con la guida, Fabrizio, che ci accompagnerà fino al Museo Diocesano e del Codex. Ci spostiamo a piedi, i tragitti sono brevi e comodi avendo così passibilità di guardarci intorno, parlare con le persone e vivere qualche momento quell’atmosfera. Arriviamo in piazza Duomo, incrociando la maestosa facciata della Cattedrale di Maria Ss. Achiropita, che visiteremo più tardi. All’interno del Museo, istituito nel 1952, sono custodite tele e dipinti d’arte cristiana provenienti da altre chiese della stessa diocesi, sculture lignee ed oggetti e paramenti sacri, tesoro della stessa cattedrale. La preziosità e la rarità che contraddistingue il Museo e che ha lasciato una traccia profonda nella cultura rossanese, è il Codex Purpureus Rossaniensis.Tra le sale veniamo accompagnati dal personale del Museo che ci descrive ogni particolare ed ogni vetrina con chiarezza e precisione. Il Codex Purpureus Rossanensisè chiuso all’interno di una teca temperata e sottoposto ad un controllo costante per monitorare il suo stato di conservazione. Si tratta, come ci racconta la guida, di uno dei più antichi evangeliari esistenti edè, allo stesso tempo, un capolavoro dell’arte bizantina. Nelle sue pagine di pergamena sono raffiguratii resti di un ciclo di miniature relative alla vita di Cristo. è considerato uno dei capolavori della letteratura evangelica, costituito da 188 fogli (376 pagine) contenenti l’intero Vangelo di Matteo e quasi tutto quello di Marco. Il CodexPurpureusRossanensis, dal 2015 è stato inserito dall’Unesco tra i Patrimoni dell’Umanità, riveste uno straordinario interesse dal punto di vista biblico, religioso, artistico, paleografico, storico e documentario. Un documento simbolo di una regione, la Calabria, che ha mediato e tradotto in sintesi la civiltà greco-orientale e quella latino-occidentale.Il Codice è stato realizzato in uno dei centri di attività scrittoria di matrice bizantina, riconosciuto dalla maggior parte degli studiosi in Antiochia di Siria. La sua datazione non è certa, può essere circoscritta tra il V e il VI secolo per i maggiori storici dell’arte bizantina, mentre recenti ricerche lo datano al X sec facendolo giungere a Rossano nel momento in cui questa diventò Diocesi[5]. Si tratta di un pezzo di arte e di storia straordinaria, espressione artistica e mistica allo stesso tempo, un testo sacro e prezioso, concepito per rappresentare la ricchezza di un impero e la stabilità di una dottrina. Nell’ammirare il libro, viene quasi voglia di sfogliarlo, di sentire l’odore di quelle pagine e poter toccare quelle pergamene che hanno più di 1000 anni. Quindi siamo tutti qui, in cerchio con gli occhi sulla teca, cercando di cogliere il maggior numero di particolari e sfumature. Il pomeriggio è al termine, e fuori nella piazza stanno organizzando per la cena. Usciamo dal Museo e ci dirigiamo alla Cattedrale di Maria Ss. Achiropita (dal greco= “non dipinta da mano umana”). Esternamente la faccia è essenziale, e si presenta con un’alta torre campanaria del XIV sec All’interno si divide in tre navate con tre absidi rivolti ad oriente. L’attuale edificio è documentato già nel XII sec. in periodo normanno, pertanto si ipotizza fosse stata costruita in sostituzione di un edificio bizantino di più piccole dimensioni in cui si venerava l’immagine della madonna Archiropita. La raffigurazione della Madonna, posta su un altare in marmo al centro della Chiesa, è databile al pieno periodo bizantino,tra il 580 e la metà dell’VIII sec. La chiesa è riccamente decorata in stile barocco con qualche elemento originario che persiste: pavimento mosaicato policromo con figure zoomorfe (probabilmente del XII sex.). Usciamo ed ormai il tramonto è passato, il rossore del cielo sta lasciando posto al buio della notte, ai lampioni e alla musica. Nella piazza quasi antistante, lungo una gradinata, con l’aiuto bar e pizzerie le associazioni giovanili del paese con l’amministrazione hanno organizzato cena ed intrattenimento. Un’aria di festa, tantissimi giovani, tantissima gente pronta ad accoglierci. Abbiamo stretto un rapporto amichevole e confidenziale con i ragazzi di alcune associazioni locali che hanno organizzato la serata con musica, giochi ed ovviamente buon cibo. I profumi sono tanti, il languore cresce e dopo aver visto la fila al tavolo del buffet, con un po’ di buon vino in mano ci mettiamo in fila e lasciamo che la serata ci trasporti. Sparsi tra tavolini, gradini e panchine anche lo staff ela troupe cinema chiudono il lavoro della giornata, salvano video e dati raccolti e si preparano alla tappa di domani.
[1] Fonti antiche (dall’autore latino Livio); studiosi del passato (Girolamo Marafioti e Gabriele Barrio) ed ancora nel XVII sec. (Padre Giovanni Fiore da Cropani). [2] Dal 540 al 1059 d.C. [3] I normanni giunsero in Calabria nel 1046, con Roberto d’Altavilla e dopo aver posto subito il loro dominio, dal 1056 iniziarono una conquista sistematica della Calabria. [4] Da questa data inizia la grande fase dell’infeudazione, con Angioini, Aragonesi e Spagnoli (dal 1266 al 1714); [5] Museo Diocesano del Codex, pannelli esplicativi in sala.