Martedì 24 settembre – Vibo Valentia


Ci svegliamo tra i suoni ed i rumori di una città che sta iniziando la giornata, cerchiamo di non fare tardi, prendiamo i bagagli e ci rechiamo a fare colazione. Intanto Fiorenzo, sul presto è andato a recuperare il Bus di Scuola Calabria, ancora su P.zza dei Bruzi, ed arriva al punto d’incontro puntuale come sempre. Mentre usciamo dalla città, la gente continua a rallentare e soffermarsi per leggere e vedere il nostro autobus blu e senza un apparente motivo ci sorridono, come se intuissero il nostro obiettivo e volessero darci un incoraggiamento. Prendiamo l’autostrada A2 del Mediterraneo ed andiamo verso su, per raggiungere la città di Vibo Valentia, capoluogo di provincia. Non arriveremo prima di un’ora e mezza, ed ognuno di noi decide come impegnare il tempo: da chi sonnecchia a chi partecipa alla lezione d’Italiano, dopo la quale inizia il momento musica. Come sempre si ascolta qualcosa in Italiano, spagnolo ed inglese e mentre la musica passa e noi cantiamo dietro… Usciamo dall’A2 e proseguiamo per Vivo Valentia e prima di giungere in città arriviamo al Castello. All’ingresso incontriamo l’archeologa Mariangela Petra, che sarà la nostra guida tra le sale del Museo Archeologico Vito Capialbi, istituito all’interno del Castello. L’edificio svevo è posto in collina, all’esterno del centro urbano e probabilmente sorge sul territorio dell’antica acropoli di Hipponion[1]. Il panorama lascia senza parole mentre lo sguardo cerca gli estremi orizzonti: da Capo Palinuro alla cima dell’Etna. Il Castello è di periodo svevo, sotto Federico II raggiunge il suo massimo splendore, anche se la struttura mantiene una conformazione da edificio militare. Nel 1289 fu ampliato da Carlo d’Angiò e poi rinforzato in periodo aragonese. Dal cancello d’ingresso un vialetto ci conduce alla porta d’accesso alla p.zza interna,lungo il percorso ai lati è esposto un mosaico pavimentale di III sec., che viene dall’area dell’antico porto della città. Dal cortile interno si ha l’accesso a diversi settori dell’edificio, incluso il laboratorio di restauro e l’accesso al Museo Archeologico. Ancora dobbiamo iniziare a scorrere le sale e già l’archeologa ci ha incanta con i suoi racconti, che narra con la stessa naturalezza di chi parla della sua vita. Le sale del Museo accolgono reperti provenienti dal territorio e le sale sono organizzate secondo un ordine cronologico, iniziando dalla Protostoria per poi concentrarsi sulla fase magno greca della città. Iniziamo e la guida ci spiega che il Museo è diviso in 4 grandi sezioni: una dedicata ai reperti sacri (ex-voto); una dedicata alle necropoli e relativi corredi funerari; un’altra alle collezioni private ed una relativa al periodo romano. Gli elementi sacri e gli ex-voto vengono prevalentemente dal territorio di Scrimbia databili tra fine VII e fine V (ceramiche corinzie, attiche, bacili, elmi in bronzo, ex-voto e monete riempimenti di stipe votive). Al piano inferiore, a cui accediamo attraverso una torre cilindrica, e vi scendiamo dentro con una scaletta che corre lungo le pareti. La torre custodisce uno dei più importanti rinvenimenti fatti sul territorio, perché oltre ad un valore materiale ne conserva uno spirituale, si tratta di una laminetta in oro, recuperata piegata in 4 che presenta un testo diviso in 16 righe, in dialetto dorico-ionico ed attesta il culto orfico nella zona, in cui sono presenti le indicazioni utili per il passaggio dell’anima nell’al di là[2]. Mentre scendiamo in fila “indiana” per la scaletta siamo assorti nell’ascoltare una registrazione che racconta della laminetta e ne vengono recitate le parole. Un viaggio mistico che per qualche secondo ci aliena dalla realtà, catapultandoci indietro nel tempo, così, quando siamo al cospetto della piccolissima lamina, esterniamo rispetto e quasi ammirazione per quel simbolo e per ciò che rappresenta. Le ultime sale espongono i materiali di epoca romana, molti dei quali pertinenti a contesti di domus o ville, sempre del territorio vibonese. Mentre stiamo per terminare il giro, vedo Candela un po’ agitata, con il cellulare tra le mani, come se stesse aspettando una telefonata. Infatti era in trepidante attesa dell’arrivo dei parenti da Limbadi, per passare poi una mezza giornata con loro. Stiamo per passare alla prossima tappa, il Convitto Nazionale Filangeri, nel centro di Vibo Valentia. Fiorenzo ci fa scendere vicino l’incantevole Villa Comunale, con una vegetazione curata e variegata ed è abbellita con riproduzioni di statue antiche. Attraversiamo questi vialetti godendo dell’ombra di grandi alberi e, in compagnia dell’assessore Franca Falducto, raggiungiamo la sede del Convitto Nazionale Filangeri dove, terminata dapoco la ricreazione, ci accingiamo ad entrare nell’Aula Magna della scuola dove conosciamo il Rettore ed alcuni insegnanti ed alunni. Qui si svolgerà la nostra conferenza stampa, cercando di lasciare il giusto segno nelle menti di altri giovani calabresi che si stanno formando. Esportare il concetto di “circolarità” significa interagire e quindi crescere e fare esperienze, sfruttando a proprio vantaggio la tecnologia e la conoscenza è possibile esportare le tradizioni, la storia, l’arte ed i prodotti della terra attraverso un processo di esportazione culturale. Per alcuni sarà tornare alle origini, mentre per altri sarà scoprire nuovi mondi. In Calabria le problematiche sono tante ed è “importante lavorare insieme, noi calabresi nel mondo e voi calabresi in Calabria”, questo è il messaggio che portano i ragazzi di Scuola Calabria al Convitto Nazionale. Alcuni degli alunni hanno preparato un messaggio di benvenuto per i loro “cugini”, che viene letto da uno dei ragazzini non senza imbarazzo. E’ sempre bello quando le cose partono dal “basso”, dalla necessità, dal semplice desiderio o curiosità, ed apprezziamo tantissimo le parole che sono state scritte. Durante una rapida visita dell’Istituto, passiamo dal cortile dove alcuni studenti stanno giocando a pallavolo e subito Nicolas, Mateus, Marina, Stephen, Philip e qualche altro si uniscono a loro per qualche passaggio. Dopo un po’è già ora di pranzo, per cui scendiamo al piano inferiore dove saremo ospiti alla mensa del Convitto. Tra le fine del pranzo ed il primo appuntamento pomeridiano, presso la Sala Consiliare del Comune di Vibo Valentia, sorseggiando un caffè, ci soffermiamo un po’ ad ammirare la struttura che ci sta accogliendo. Si tratta di un edificio di grande tradizione, che ebbe una grande influenza nella storia della città, costruito nel corso del 1600 come edificio ecclesiastico, agli inizi del1’800, si ricorda come prigione per le celle al primo piano, e dal XIX sec. ospita il Convitto Nazionale. Per le 17.00, dopo una breve passeggiata, raggiungiamo la Sala Consiliare del Comune per incontrare il Sindaco, Maria Limardo, che per oggi ha convocato tutte le componenti associative di volontariato per confrontarsi sulla città e su eventuali progetti ed iniziative. Come usciamo per Municipio troviamo Fiorenzo con il nostro autobus, saliamo a bordo e ci dirigiamo verso gli alloggi, a Baia di Riaci. Il tragitto fino all’Hotel 4 stelle non è lungo, in circa 30 minuti arriviamo a destinazione. La location è praticamente sul mare, i giardini della struttura confinano con spiaggia ed è una delle strutture più ambite della costa. Approdiamo in un posto paradisiaco, degno di un cartellone pubblicitario, spiaggia pietrosa, grandi scogli sulla destra ed all’orizzonte si vede l’isola di Stromboli. Oggi il mare agitato ed il forte vento nebulizza l’acqua salata sui nostri volti, sentendo il sapore della salsedine sul viso. Ai margini del giardino ci sono sedili, divanetti, poltrone e dondoli, messi lì per godersi il panorama. Il sole sta calando in mare, intorno a noi tutto è diventato rossiccio ed il blu del mare s’inscurisce lentamente. Nel tragitto abbiamo recuperato anche Candela, che era stata in visita dai parenti a Limbadi e che risale sul Bus felice, ma visibilmente commossa. Il resto del pomeriggio lo trascorriamo all’interno dell’Hotel: sotto una pagoda per un altro briefing sul network, tante foto e video ed un po’ di relax prima della cena. Soggiorneremo presso la Baia di Riaci per due giorni e da qui andremo alla scoperta della “Costa degli Dei”[3], delle sue meraviglie e delle sue utopie.
  [1] Nella seconda metà del VII sec.a.C., alcuni locresi decisero di fondare una sub-colonia e nacque Hipponion. M.T. Iannelli. V. Ammendola (a cura di), I volti di Hipponion, Soveria Mannelli, 2000 [3] Si tratta di un tratto di costa, Tirrenica, che va da Pizzo Calabro a Nicotera, così ribattezzata per la sua costa variegata: spiagge bianchissime e spiagge nascoste, raggiungibili solo in barca. La costa molto frastagliata creando disegni meravigliosi, ha dato origine ad insenature e piccolo golfi.